CHI E’ ROCCO E PERCHE’ PARLA MALE DI ME?
Di Ivano Tuselli
Dicembre 1964, la domenica
mattina nella Chiesa dell’Immacolata, , le parole dell’arciprete Greco,
risuonano ferme e dure, con il tono solito dei momenti solenni. Il messaggio
pastorale è messo in coda alla predica per sottolinearne la forza: “Fratelli e
sorelle, la nostra comunità è colpita da un germe maligno, un sottile veleno
che entra nelle vene delle famiglie e mette contro i mariti e le mogli, i padri
e i figli. Gli amici di ieri sono i nemici di oggi. Cerchiamo, fratelli, di
capire, di accertare le cause e soprattutto di perdonare. E’ forse la vita dei
tempi moderni, dove il certo è diventato l’incerto e la fretta intensifica gli
errori”.
Si chiude la funzione e cresce il
mormorio dei pizzitani fin sulla piazza. Chi ha capito spiega agli altri, con
parole semplici, i passaggi e le metafore dell’arciprete. E’ l’episodio
conclusivo, l’apice, di un andazzo paesano che dura da inizio ottobre. Andiamo
per ordine. Immaginate la Pizzo di trentasei anni addietro. La prime ottobrate
ancora tiepide e assolate, con bambini e ragazzi studenti da qualche giorno. I
vicoli finalmente liberati dal vociare continuo di una infanzia all’epoca
numerosa. Gli uomini al lavoro, i bar della piazza lucidano definitivamente i
pozzetti del gelato e chiudono i frigoriferi, tra gli sbadigli dei giocatori di
carte. Le donne in giro per la spesa e gli anziani seduti che aspettano il
mezzogiorno suonato dall’orologio di S. Giorgio. Fate ancora uno sforzo e
immaginate il centro storico, nel
pomeriggio. Le case in ordine, i piatti lavati, i ragazzi in giro e le
donne sedute fuori dalla porta a parlare con la scusa del ricamo o della
camomilla da essiccare. Nella quotidianità, normalizzata dall’approssimarsi
dell’inverno, scoppia il caso “Rocco”. La prima notizia arriva direttamente dal
“casalino”. Le grida della moglie, colpita ripetutamente dal marito muratore,
accusata di aver fatto gli occhi dolci al giovane garzone del “formaggiaro”
ambulante della piazzetta. Il pettegolezzo è arrivato all’orecchio del
capofamiglia attraverso gli amici, che hanno raccolto la confidenza di un certo
Rocco. Il velenoso spiffero non trascura i quartieri alti. Nella grande casa
della nobildonna matura e ancora piacente, l’inviperito marito, rimprovera la
consorte per le continue visite in sua assenza, di un gentile commesso che
vende prodotti di bellezza e regala galanterie gratuite. Al bar, il cugino del
nobile, con l'aiuto di Rocco, avvisa il parente in tempo, per salvare l’onore
del casato. La giovane moglie che passa ogni mattina, sul tardi, attraversando
la piazza “annacandosi” smodatamente non crea problemi al giovane tabaccaio…
fino a quando un cliente, un certo Rocco, allude attraverso le donnine
disegnate e fotografate sui rotocalchi esposti, a certe camminate da
spettacolo. Non vengono risparmiati gli uomini, ad alcuni rappresentanti del
“sesso forte” pizzitano vengono attribuiti amanti focose e in un caso
addirittura una relazione omosessuale. La caccia a Rocco è aperta. Questo gioco
al massacro, attraverso il pettegolezzo nudo e crudo, denuncia che la città ha
i pruriti del cambiamento, sente gli anni sessanta come una novità. Gli
elettrodomestici, i primi televisori, il reddito familiare che cresce, il
piccolo consumismo che non si basa solo sul prodotto portato dall’imbarcato ma
accresce il commercio locale, accellera i processi di trasformazione cittadina.
I vicoli, un tempo, riottosi nel parlare della propria umana varietà, ora si
aprono al pettegolezzo sociale che diventa discussione e addirittura, più in
là, giustifica il sorriso della bella donna regalato a chicchessia. L’amore
segreto della povera ragazza sposatasi per amore, che dopo poco tempo ha una
relazione vera e fisica con il bel giovanotto che abita due vicoli più sotto,
perchè il marito è tragicamente impotente. Rocco è solo un espediente, un nome
in codice da spendere ora per non
perdere il treno che sta passando e che in altre zone tarderà per oltre
un decennio. E’ un cambiamento confuso non accompagnato da una valenza
culturale, ma è vero, concreto e sentito. Si cerca negli anni di attribuire a
Rocco una identità, un fisico e una voce. Per alcuni fu il giovane professore
brillante e acculturato a tratti geniale, per altri il lungo e ciondolante
barista dalla battuta facile e dai capelli neri e lisci. Eppure, anche se da un
ottica diversa, l’arciprete Greco aveva colto nel segno.