GANG GIOVANILI: IN ONDA LE
LACRIME DI COCCODRILLO
Un brivido percorre le schiene
degli spettatori in poltrona, quelli che trangugiano con lo stesso stato
d’animo una pastasciutta e immagini di guerra, barboni che muoiono in strada per
il freddo e sfilate d’alta moda, gli spot di Berlusconi con un sorriso
accattivante a 64 denti lucidati e la desolazione angosciante delle periferie
delle città. Va bene…questo era ormai digerito…ma i nostri ragazzi!! Che sta
succedendo? Si drogano per divertirsi, quando non tirano pietre dai cavalcavia,
si accoltellano per un litigio, si riuniscono a gruppi, prepotenti e violenti e
rubano ai loro coetanei i nuovi simboli dell’”avere vale più che essere”. Ma
anche così, senza averne bisogno, tanto
per sentirsi parte di qualcosa, del gruppo, del più forte. Certo, non tutti. Ci
sono anche quelli che ieri si scontravano con la polizia, perchè manifestavano
la loro solidarietà concreta agli immigrati reclusi nei centri di
“accoglienza”. Questi sono i peggiori, sembrano dire sotto sotto i media,
credono ancora che questo mondo non debba essere accettato come una giungla,
che la dignità degli esseri umani non ha razza e portafoglio, e disturbano la
mirabilante ascesa della filosofia imperante: l’importante è vincere, non
partecipare. Dunque quei minori che si comportano da delinquenti, sotto gli
occhi costernati dei loro genitori per bene, l’hanno assimilata benissimo la
nuova filosofia, certo i “grandi” la praticano in modo socialmente e legalmente
accettabile, ma si sa… i ragazzi vanno subito al sodo. Basta, di analisi
sociologiche e altre amenità ne sentirete fin troppe, ma non per molto tempo
non preoccupatevi, un’altra caratteristica della moderna informazione
spettacolo è di consumare tutto in fretta: piccoli messaggi di
introduzione-esplosione-allarme-spettacolo-dimenticatoio-avanti un altro.
Bene, perchè quei brividi non
sono sopportabili per tanto tempo, rischierebbero di ottenere l’effetto
contrario: cominciare a capire che non sono schegge impazzite senza una
spiegazione, tutte quelle “cose brutte” che vediamo al tiggì.