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ORLANDO ACCETTA

SCRITTORE, POETA E GIORNALISTA

 


Paolo Vacatello

Un carbonaro dimenticato da tutti

(Una pronipote racconta la storia del bisnonno che partecipò ai moti del 1848)

di Orlando Accetta

La storia calabrese e italiana è costellata da fatti e personaggi scarsamente conosciuti ai più. Per come ci ha raccontato Gemma Vacatello, che ogni anno rientra a Pizzo, ma che abitualmente dimora a Pavia, uno di questi personaggi, dimenticati anche a Pizzo, è il suo bisnonno Paolo Vacatello, il quale prese parte attiva ai moti carbonari del 1848, insieme ai vari Benedetto Musolino, Luigi Miceli, Giovanni Nicotera, Domenico Mauro, Giuseppe Ricciardi, Basilio Mele, Fortunato Valotta, Pasquale Musolino, Saverio Bianchi, Sebastiano Rosi, Nicola Ricciardelli, Stanislao Lupinacci. Dalla consultazione dei documenti originali che la pronipote ci ha messo a disposizione, risulta che Paolo Vacatello era in strettissimi rapporti di amicizia con vari personaggi della carboneria calabrese e italiana, particolarmente con Benedetto Musolino, con Giovanni Nicotera e con Luigi Miceli, anche dopo la conseguita unità d'Italia del 1861.

Significativa una lettera dell'8 gennaio 1880, scritta dal neo eletto ministro dell'agricoltura Luigi Miceli, con cui preannunzia al Vacatello la sua nomina a cavaliere del regno: «Nessuno meglio di me - scrive il Ministro - conosce e sa apprezzare i meriti che distinguono la S.V., sia come provato patriota, sia come scopritore e coltivatore di parecchie importanti miniere in Sardegna. Quindi mi sono creduto in obbligo, fra i primi atti del mio Ministero, - prosegue la lettera - sottoporre all'approvazione Sovrana la di Lei nomina a Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia. La Sua Maestà il Re degnavasi accettare la mia proposta apponendo la sua Reale firma il giorno 4 corrente Gennaio al Decreto col quale a Lei conferisce l'anzidetta onorificenza».

Paolo Vacatello svolgeva l'attività di commerciante all'ingrosso, servendosi di velieri che partivano giornalmente dai porti di Santa Venere (oggi Vibo Marina) e di Pizzo. L'oggetto principale della sua attività era il commercio del grano e dell'olio, tanto è vero che i piani bassi del "Palazzo Vacatello", ubicato alla "Marina", era tutto un granaio. Era abbastanza ricco, infatti, possedeva anche 5 miniere in Sardegna, di cui 2 di argento. Per questo si era assunto anche l'onere di finanziare la causa della carboneria con elargizioni spontanee e, spesso, con prestiti diretti a Luigi Miceli e ad altri compatrioti, per come risulta dalla corrispondenza consultata.

La pronipote, Gemma Vacatello, che nei confronti dell'avo ha una vera e propria venerazione, ha un grande cruccio. Vorrebbe che l'amministrazione comunale si ricordasse di questo eroico personaggio che ha contribuito attivamente ai moti del 1848, almeno intitolandogli una via di Pizzo.

«È un mio sogno se si potesse onorare la memoria di questo mio bisnonno, che ha sacrificato i più belli anni della sua giovinezza al servizio di un ideale di libertà e di democrazia. È stato un uomo molto coraggioso - afferma con orgoglio Gemma Vacatello - e questo lo ha dimostrato anche in un’azione condotta con altri 15 compatrioti, attraverso cui riuscirono a impadronirsi di un veliero dei Borboni a Porto Santa Venere, per procurarsi la polvere da sparo che sarebbe stata poi trasportata a Filadelfia, vero centro strategico dei moti carbonari della Calabria. A Pizzo ci sono delle strade - ella aggiunge - con dei nomi stranissimi, perché non intitolarne una in suo nome? Ho già scritto al sindaco Stillitani il 3 ottobre dell'anno scorso, ma non ha dimostrato alcun interesse. Eppure - conclude amareggiata la signora Gemma - questo mio bisnonno fu un grande uomo».

Gemma Vacatello

Era il mese di settembre 1978 quando l’allora sindaco Francescantonio Stillitani fece sapere di essere disponibile a chiedere al consiglio comunale di intitolare una via o una piazza al valoroso bisnonno di Gemma Vacatello. «Finalmente - disse Gemma Vacatello - un grande sogno mio e di mia figlia si sta avverando. Dopo tante battaglie e richieste, sempre rimaste nel vuoto, per merito di questo giornale che ha sollevato il problema, nonché del sindaco Stillitani, il mio avo sarà degnamente ricordato e non più negletto nella sua terra. Non era giusto che un valoroso patriota come Paolo Vacatello non fosse degnamente onorato proprio nella città che ne ha visti i natali. La mia gioia è ancora più grande per il fatto che esaudirà il nostro sogno un discendente di quel Carmelo Stillitani che nel 1948 a Filadelfia subì anche lui l'aggressione del Borbone».

Riportiamo un brano di una relazione di storia patria tenuta dal professor Domenico Curatolo il 30 novembre 1998 nel Cinema Mele: «Nel 1848, durante le vicende del famoso Campo di Filadelfia, sedici pizzitani, fra i quali figurano Paolo Vacatello, Basilio Mele, Fortunato Valotta, Pasquale Musolino e Sebastiano Rosi, impadronitisi di una barca della tonnara, detta della Praia, raggiunsero il porto di Santa Venere e presero all'arrembaggio una feluca borbonica carica di esplosivo riuscendo a caricare la loro barca di quanta polvere potesse contenere, trasportarla presso la foce del fiume Angitola e inviarla al campo di Filadelfia che ne era quasi privo».

Qui di seguito riproduciamo integralmente una lettera, mai pubblicata prima d'ora, che Benedetto Musolino, all'epoca deputato, fondatore della setta carbonara "I figliuoli della Giovane Italia" e del suo "Catechismo", scrisse da Torino a Paolo Vacatello, che dimorava a Genova.

“Torino addì 16. Gennaio 1874

Mio amatissimo Paolo,

Sono tre giorni che ho ricevuto da Genova dei pesci squisitissimi, e che qui sono arrivati con una freschezza ammirevole; cioè un ragno e nove triglie.

Però questo delicato regalo non era accompagnato da alcuna lettera, per cui io non so ancora chi ha avuto la bontà di farmi questo regalo di sorpresa.

Ho pensato e ripensato chi ha potuto essere; finalmente ho sospettato che questo non poteva essere, altri che il mio buono e carissimo Paolo che ha voluto farmi una sorpresa così gentile.

Se sei stato tu quindi, mio carissimo Paolo, io te ne ringrazio di tutto cuore; e penso come mostrarti la mia riconoscenza.

Tanti complimenti alla tua Signora; mentre ti prego di comandarmi in quel poco che posso; ed abbracciandoti di vero cuore sono  sempre e poi sempre, il tuo aff.mo amico B. Musolino”.

Ed ecco, qui di seguito, alcune delle lettere scritte a Paolo Vacatello da personaggi illustri, nella loro stesura integrale e senza correzioni.

 “MINISTERO DI AGRICOLTURA INDUSTRIA E COMMERCIO - GABINETTO N. 59

Roma 8 Gennaio 1880

Nessuno meglio di me conosce e sa apprezzare i meriti che distinguono la S.V. sia come provato patriotta, sia come scopritore e coltivatore di parecchie importanti miniere in Sardegna.

Quindi mi sono creduto in obbligo, fra i primi atti del mio Ministero, sottoporre all'approvazione Sovrana la di Lei nomina a Cavaliere nell'Ordine della Corona D'Italia. E Sua Maestà il Re degnavasi accettare la mia proposta apponendo la sua Reale firma il giorno 4 corrente Gennaio al Decreto col quale a Lei conferisce l'anzidetta onorificenza.

Lieto di poter dare a Lei comunicazione di questo tratto della Sovrana benevolenza a di Lei riguardo, mi riserbo di trasmetterLe il relativo Diploma, non appena mi sarà pervenuto dalla Cancelleria dell'ordine.

Intanto colgo quest'occasione per rinnovarLe i sensi della mia verace stima e confermarmi, Suo devotissimo Luigi Miceli.

 

“CAMERA DEI DEPUTATI

Roma 26 Febbraio 82

Carissimo Paolo.

Sono vivamente e crudelmente sorpreso dal tuo luttuoso annunzio, perché non avevo incontrato o mi era sfuggito il tuo cognome nella lista dei valorosi caduti a Dogali!

Non ho parole di conforto per te e per la tua famiglia in un caso così terribile.

Vi sia di conforto il pensare alla gloria di cui ha coperto il tuo nome l'eroico tuo figlio ed all'ammirazione che riscuotono in Italia e fuori quei nobilissimi giovani, che saranno da oggi citati ad esempio del più splendido patriottismo.

Di alla tua famiglia che partecipo col cuore al fiero lutto e ti stringo cordialmente la mano.

Tuo affmo amico Luigi Miceli”.

Iglesias 12 8.bre 1863

Mio caro Paolo,

Sono già 30 giorni che mi trovo in Genova, attendendo il risultato del giudizio che si è fatto pel mio grado; mentre come sai sono stato dimesso fino da agosto dopo che ho fatto il duello.

Oggi finalmente ho ricevuto lettera da Miceli da Torino il quale mi dice che la Commissione ha deciso contro, ed ecco che ho perduto il grado.

Puoi figurarti mio caro Paolo in quale orribile posizione mi trovo; perciò non ho altra via che rivolgermi a te onde possa avere un'occupazione nelle tue miniere, e spero che ti penetrerai dalla mia triste posizione e se tu mi fallisci, io no sò come andrà a finire.

Tu che sei dotato di un nobile cuore, potrai giudicare la mia circostanza. Attendo subito tuo riscontro. Ti prego a non dir nulla a Fortunato Valotta di ciò ch'io ti ho scritto.

Ti abbraccio col cuore, e sono Tutto tuo aff.mo Carlo Nicotera”.

 

Nota:

Luigi Miceli (Longobardi30 giugno 1824 – Roma30 dicembre 1906) è stato Senatore del Regno, ministro e fiero garibaldino che partecipò alla famosa spedizione dei Mille. Luigi Miceli nasce a Longobardi il 30 giugno 1824 e si laurea in legge. Giovanissimo viene coinvolto nei fatti del 1844. Nel 1849 corre alla difesa di Roma. Nel 1863 si dimette da Deputato con Bartani e Nicotera per le atrocità commesse in Sicilia dal Governo del tempo. Nel 1878 è ministro dell'Agricoltura, in seguito diventa Ministro dell'Industria e Commercio del Regno d'Italia nei Governi Cairoli III, Depretis IX, Crispi I e Crispi II. Va esule a Genova dove vive insegnando lettere in un collegio perché condannato a morte. Successivamente viene eletto deputato per il collegio di Paola. Fu sempre in Parlamento con l'estrema sinistra. Sotto di lui venne preparato il progetto per gli operai vecchi e inabili al lavoro ed altre riforme di grande utilità sociali.

Luigi Miceli

 

 

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 Giuseppe Pagnotta

 

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