LA “FONTANA VECCHIA” E LA “FONTANA DEL MACELLO”
di
Orlando Accetta
Ilario Tranquillo (Istoria Apologetica delta
antica Napitizia, Napoli 1735, Stamperia di Carmino Petagna) cita la presenza di
circa ottanta sorgenti sparse per
tutto
il territorio di Pizzo, di cui cinquanta ad oriente ed altre trenta ad
occidente.
E’ importante evidenziare non soltanto
l’abbondanza delle sorgenti sparse per tutto il territorio di Pizzo, dal monte
al mare e da oriente ad occidente, ma anche, e soprattutto, il fatto che
esistevano, e tuttora esistono, due sorgenti con acque medicinali, tali da
curare varie infermità.
Lo annota il Barrio, lo evidenzia il Tranquillo
e lo ripropone il Molè citando anche il Marafioti. Inoltre, anche oggi queste
fonti sono bene attive e copiose, nonostante qualche danno causato dalle
speculazioni edilizie operate nei meravigliosi orti che sorgevano a monte di San
Sebastiano e di Via Nazionale, nonché sul costone a destra della “Vallisdea”
(burrone dei morti), denominato “Parrera”
“Sorgesi adunque in una Vallicella a canto
al Borgo Orientale (Borgo di San Francesco)
del Pizzo un Fonte; la di cui acqua per due
canali correndo, è ferrigna, e le sue varie virtù sono a tutti
note, anche a forestieri : onde divulgata la sua fama, trasportati in
lontani Paesi, e a tempo mio il Reggente Ortiz se ne porto in Napoli buona
copia”. Cosi scrive il
Tranquillo.
Essa è la cosiddetta «Fontanavecchia”, dal 1866
chiamata “Fontana Garibaldi”, allorquando (fù restaurata ed
abbellita con una facciata di granito grigio.
L’acqua che scorre dalla “Fontanavecchia” è del
colore del ferro, che ben s’appalesa all’occhio, soprattutto se si fa un po’
depositare in un bicchiere o in altro recipiente trasparente. Anche il suo
singolare sapore è ferroso, quindi probabilmente poco gradevole per il palato di
chi non è aduso a gustarla, ma non per questo essa perde le sue qualità di
potabilità e curative.
Vale la pena ricordare integralmente quanto
scrive il Sàvaro, nella traduzione dal latino fatta da Raffaello Molè:
“Presso
le falde medesime del monte, dentro la cavità di una vallicciuola, scaturisce
una sorgente di acqua ferrata, ma vantaggiosamente usata sia dai cittadini che
dai suburbani Appena
attinta ha sapore ferroso, ma lasciata in riposo perde ogni sapore e si rende
graditissima al gusto. E’ di grande efficacia se si dà agli ipocondrici e agli
ammalati dl milza. Divulgata la virtù di questa acqua dalla diuturna
esperienza di chiari medici, molti si studiano di portarla altrove, con
l’intento di darla in uso di pozione in sjffatte malattie Mescolata col
vino, non perde le sue qualità e, così, bevuta, abbiamo imparato a curare
l’ascite agli idropici”.
E’ certo che la “Fontanaveccchia” esisteva
almeno alla data del 1571, anno in cui Barrio pubblicò la prima edizione della
sua monumentale opera “Antichità e luoghi della Calabria”:
“….c’è a Pizzo un‘acqua ferraginosa che tuttavia
pùò essere bevuta”.
Quest’acqua, un tempo, veniva anche esportata in
bottiglie, arrecando non pochi vantaggi economici alle popolazioni pizzitane,
essendo medicamentosa per le malattie della milza, nei casi di mancanza di ferro
nel sangue e nelle crisi depressive.
Altra fonte rinomata, ad Occidente, poco lontana
dal mare e tuttora esistente, è quella che, oggi, viene detta “Fundana d’u
macellu” (fontana del macello), così chiamata in quanto, fino a qualche decina
di anni addietro, di fronte ad essa si
allocava
il Mattatoio Comunale, successivamente demolito per far posto alla costruzione
degli uffici della Pretura Mandamentale, e, quindi, trasferito opportunamente in
luogo più idoneo e lontano dal centro abitato.
Ed ecco la descrizione del Sàvaro, per come
riportata dal Molè (R. Molè,. Fatti e nefasti della città di Pizzo):
“Sul lido occidentale dove vi
è il monastero di S. Agostino, erompe
dalla stessa falda del colle una sorgente; che è condotta con tubi, or
sotterranei ora esterni, nel serbatoio del tempio, e più in basso, in quello del
borgo (borgo occidentale della Marina), dando graditissima acqua agli abitanti.
Quest’acqua è ottimo farmaco per i sofferenti di mal di reni”.
Pure l’acqua di questa sorgente veniva esportata
in bottiglie, come quella della “Fontanavecchia”.
Per maggiori notizie: Orlando Accetta, “Le
sorgenti di Pino” in Calabria Letteraria, Ott-Dic.
1992.
(fonte La Voce di San Giorgio N. 2/94 del 15
Giugno
1994).