di
Franco Cortese
Fino a pochi decenni fa a Pizzo si svolgevano
tre importanti fiere che si tenevano nei giorni 23 aprile, 15 agosto e primo
novembre. Oggi è rimasta in uso solo quella che si svolge il primo novembre di
ogni anno e che per l’appunto viene detta “Fiera di Tutti i Santi” la quale
nonostante i tempi difficili, resiste alle insidie del progresso e del
consumismo, conservando tutto il fascino antico e l’importanza commerciale per
il comprensorio. Durante questo giorno la città si sveglia prima del solito ed
acquista una caratteristica gioiosa e festaiola. I cittadini vestiti di nuovo,
si portano nella piazza centrale che è il principale punto di riferimento dove
sono accalcate le bancarelle degli ambulanti con le loro variopinte mercanzie.
E in ognuno vi è l’intenzione di acquistare
qualcosa, non ha importanza cosa purché si onori la fiera comperando. E’ anche
la festa dei bimbi che nell’occasione ricevono tanti regali da genitori e
parenti. In ogni via del centro si trova mercanzia esposta e per quel giorno
si ha la sensazione di girovagare fra i reparti di un enorme supermercato
considerando l’ordine di disposizione delle numerose bancarelle. Vi sono
predisposte anche le zone in cui bisogna esporre solo certi tipi di prodotti. La
parte della piazza “spuntone” è riservata all’artigianato in vimini, la fontana
“commercio” alle terraglie di Seminara, al centro della piazza espongono i
tornitori di Polia, lo spazio sotto gli archi è riservato ai produttori dei
leccorniosi legumi nostrani, nel corso vi sono i mostaccioli di Soriano mentre
la fiera del bestiame si svolge da anni nella zona ‘Piedigrotta”, manifestazione
quest’ultima in via di estinzione per la crescente assenza di allevatori.
Nell’ultima fiera il giro d’affari si è ristretto solo alla compravendita di
qualche vitello, dieci agnelli ed un centinaio di porcellini. Tornando alla
piazza centrale, ad una certa ora della mattinata vi si crea una ressa di gente
incredibile con due correnti umane che vanno e vengono, si spingono,
s’intrecciano in una confusione pittoresca. E’ veramente impossibile camminare
senza dare qualche spintarella al prossimo. In un simile formicolio chi la
fanno da padroni sono i numerosi altoparlanti usati dai venditori di stoffe che
assordano tutti con i loro frastornanti inviti a fermarsi ed acquistare. Ad
alleggerire le tasche dei giovani ci pensano i gestori ambulanti del gioco della
roulette oppure quelli delle “cartuccella vinci” sempre in continuo spostamento
per la piazza col loro tavolinetto apribile alla ricerca di gonzi da spennare.
Ma ogni cosa è bene accettata poiché fa parte
del mosaico festaiolo anzi, quando qualcuna di queste “scenografie” viene meno,
subito la cittadinanza se ne accorge con un pizzico di rammarico. In questa
gioia corale, anche le giovani generazioni si lasciano lusingare dalle usanze e
tradizioni accettandone tutte le regole anche quelle gastronomiche. Infatti
resiste e si allarga la consuetudine di regalare qualcosa ad amici o parenti ed
il dono viene comunemente detto “fiera”. La festa dura in tutto mezza giornata
ed alle prime ore del pomeriggio ognuno soddisfatto va a pranzare e gustare la
tradizione culinaria della fiera che è a base di salcicce soffritte e stufato
alla pizzitana annaffiando il tutto con dell’ottimo vino locale.
Un
tempo i giovani, aspettavano questa festa per dichiararsi alla ragazza e usavano
come pretesto regalare un pegno (fiera) che se veniva accettato acquisiva il
significato di una vera profferta di fidanzamento.