BARDARI Giuseppe

Pizzo, 27 maggio 1817 - Napoli, 22 settembre 1861

 

Letterato, giudice, prefetto di polizia di Napoli, consigliere della Corte dei Conti, fu amico di Liborio Romano, che lo tenne in grande considerazione assegnandogli, sicuro dell'ingegno elettissimo del Bardari, molti incarichi delicati. Studiò a Montelone e nella vescovile Mileto, mettendosi subito in mostra per le doti intellettive e la spiccata predisposizione per le lettere. Continuò gli studi a Napoli laureandosi, giovanissimo, in giurisprudenza con il massimo dei voti. Durante il periodo napoletano frequentò i salotti culturali ove più fervevano le idee liberali e strinse amicizia con Michele Bello, fucilato nel 1847 a Reggio. Scrisse vari melodrammi, tra i quali “Maria Stuarda” musicata da Gaetano Donizetti, col quale strinse una discreta amicizia testimoniata anche dalla seguente lettera, scrittagli dal noto artista:

Caro Bardari
Eccomi da ieri di ritorno! La Stuarda
dopo sei ore a Milano fu proibita, e
nel momento il più felice, non volean
bastarda, non volean il toson d'oro al collo,
non volean si inginocchiasse
per la confessione a Talbot.
La Malibran disse: non mi fido di
pensare a tante cose... dunque proibita
A Londra si darà. Il libro per voi è
qui, il vino per me è da voi. Venite,
portate il vino, o almeno la botte,
vuota, ed io vi vedrò in ogni modo
sempre volentieri.
Vostro aff
Donizetti
Oggi, 8 marzo 1836
P. S. - Io lasciai i vostri versi sul povero
Bellini ad un giornalista, e non
so per anco se furono o no resi pubblici.
Lo chiederò. Il mio Belisario
a Venezia fu arcifelicissimo.

Fu giudice regio a Monteleone (oggi Vibo V.) e nel 1848, per la parte nella Rivoluzione Calabrese in cui incitò i Vibonesi a scendere armi in pugno, alla marina di Pizzo per impedire lo sbarco alle truppe del Nunziante, fu processato e destituito dell'incarico. Ripresa la libera professione esercitò avvocatura a Napoli con notevole successo entrando in intimità con Liborio Romano. Si rifece strada ricoprendo la carica di prefetto di polizia di Napoli e successivamente consigliere della Corte dei Conti. Scrisse il proclama d'addio di Francesco Il ai Napoletani e la protesta alle nazioni. Ebbe la stima di Garibaldi e fu trattato dai Garibaldini da vero patriota, nonostante fosse al servizio dell'odiata dinastia borbonica. Fu anche presidente della commissione beni dei gesuiti e quando gli si schiudeva un glorioso avvenire politico, moriva improvvisamente alla sola età di 44 anni.